Cari amici.....

Dammi qualcosa cui attaccarmi,
un ramo, uno scoiattolo,
qualcosa di palpabile e vivo:
non mi bastano più quei lunghissimi
sogni.
Umberto Tasca (1963)

Statuto della Libera Associazione degli Amici di Ambicò (30 maggio 2010)

Per onorare la memoria di Umberto Tasca, che alla cascina Ambicò ha trascorso momenti felici della sua vita, dividendosi tra tagliare il prato e potare le piante, realizzare opere di arte povera, elaborare testi e tabelle al computer e organizzare seminari, viene istituita con il presente Statuto una Associazione, con il nome di Libera Associazione degli Amici di Ambicò.

Presidente

Presidente e unico responsabile è Anna Piccinini Tasca.

Finalità della Associazione

La Libera Associazione degli Amici di Ambicò si fonda sull’amicizia e sul lavoro, in una repubblica di persone che desiderano mantenere il sito di Ambicò il più possibile come era ai tempi del Tasca e sono disponibili a prestare un loro contributo lavorativo per contrastarne l’inevitabile degrado.

Soci

Possono essere soci della Associazione tutti coloro che sono stati amici di Umberto Tasca e hanno nel cuore il suo ricordo. Ogni socio riceverà una tessera riportante il suo nome e cognome, e l’impronta in colore del suo indice, come stampato da Umberto in occasione della festa del pensionamento (maggio 2004). Saranno costruite tessere analoghe per tutti coloro che non erano presenti in quell’occasione.

Le tessere avranno una numerazione progressiva e casuale dal momento in cui si inizierà la distribuzione.

Sarà costituito anche un Albo dei Soci, che riporterà i nomi di tutti i Soci dal momento della fondazione della Associazione.

Sulla rete è stato creato un blog con lo stesso nome della Associazione, dove i soci potranno inserire le loro fotografie e scrivere i loro commenti.

Per ulteriori informazioni rivolgersi a:

Anna Piccinini

e-mail:

piccinini_anna@fastwebnet.it

annapicci8@gmail.com

giovedì 23 settembre 2010

Architettura moderna a Pechino

Cari amici, comincio a parlarvi degli impianti delle Olimpiadi, che sono stati al di sopra delle mie aspettative. Sono veramente impressionanti. Ne ho fotografati due: la piscina e lo stadio. La piscina è concepita come una grande scatola fatta di grosse gocce d'acqua: è infatti chiamata Water cube ed è suggestiva soprattutto di notte. E' un edificio ecologico: il materiale usato, che si chiama EFTE, un tipo di Teflon prodotto da Du Pont, cattura l'energia solare con cui riscalda l'acqua delle vasche ed è anche molto suggestivo in quanto cambia il colore con la luce. Durante il giorno filtra la luce naturale, risparmiando energia. Dentro è molto colorata e calda. Lo stadio è bellissimo: si chiama Bird's nest, cioè "nido d'uccello" ed è fatto come un grosso nido. E' costituito da un intrico di "tagliatelle" di acciaio che si intrecciano in modo apparentemente "naturale" e sono ricoperte dallo stesso materiale della piscina. Contiene 90.000 persone. Dopo un corridoio di smistamento, si apre il bellissimo spazio, tutto rosso, dello stadio vero e propio. Lo studio che l'ha fatto è svizzero, Herzog e de Meuron. Nella zona Olimpiadi un altro edificio molto bello è quello di Pei, dedicato all'informatica. Quelli che sanno dire le cose bene sostengono che questo edificio, pur essendo completamente contemporaneo, sa conservare la raffinatezza e la vernacolarità della tradizione cinese. Comunque è bello. Ma l'architettura che mi è piaciuta di più è quella del National Grand Theatre, concepito come una grande goccia d'acqua che si riflette in un lago di acqua vera per cui il disegno dell'edificio è raddoppiato dall'effetto specchio. L'ingresso al teatro è sotto il livello del terreno e, procedendo verso l'interno, si passa sotto l'acqua, visibile attraverso il pavimento vetrato. Dentro ci sono tre grandi sale: un auditorium, una sala concerti e uno spazio espositivo. L'architetto è Paul Andreu, il portoghese/francese che abbiamo già incontrato a Shanghai. Anche qui l'uso della parete vetrata è suggestivo. Impressionante è l'edificio CCTV, sede della TV di Pechino. L'ho fotografato attraverso il finestrino del pullman, perché eravamo su una autostrada trafficata e non ci si poteva fermare. La guida sosteneva peraltro che era il punto migliore per fotografarlo. Io mi sono sentita molto giapponese. L'ultimo edificio è l'Opposite House Hotel, di Kengo Kuma, di cui ho solo un particolare dell'interno. Ma l'ultima immagine è per la piccola bambina che fa pubblicità a (a un ristorante? bisognerebbe saper leggere il mandarino). Ciao. Anna

Ed ecco Pechino!

Cari bloggisti, siamo arrivati al cuore della Cina, anche se non credo che le mie foto potranno darvi il senso della città: è troppo grande e troppo varia e io ci sono stata solo tre giorni. D'altro canto il nostro scopo era di vedere l'architettura moderna e di quella vi posso far vedere qualche bell'esempio (la prossima volta). Le immagini della Cina degli imperatori le avete tutti viste e riviste, mentre magari le opere nuove di architettura si trovano solo sulle riviste dedicate e possono essere più interessanti. Ho imparato con Umberto che girare il mondo seguendo il filo rosso dell'architettura dà un sapore diverso alla visita: si tratta di "cercare" invece che "seguire". Dunque cominciamo, per toglierci il pensiero, con la Città proibita, di cui trovate il fossato che, a mo' di castello medievale, circonda completamente le sue mura; lo scorcio di un tempio; un particolare dei 9 animaletti che decorano tutti i corni dei tetti. Sono 9 perché 9 è il numero dell'imperatore e i 9 animali, che sono tutti diversi in ogni singolo esempio, ma sono sempre gli stessi (non potrei fare l'elenco, ma c'è sicuramente il drago), hanno il compito che tenere lontani gli spiriti maligni. Un altro stratagemma per tenere lontani gli spiriti maligni (questo in genere per tutta la Cina) è quello di disegnare i percorsi pedonali degli ambienti interni e dei giardini non seguendo una linea retta ma variando continuamente la direzione. Per questo i giardini cinesi sono un labirinto! Io ho immaginato che gli spiriti maligni cinesi siano tutti malati di Alzheimer, perché è tipico di quei malati fermarsi davanti a ogni ostacolo. L'ultima foto della Città proibita è quella della grande piazza, dove Bertolucci ha girato la scena della grande adunata nel film L'ultimo imperatore. Usciamo dalla Città proibita ed entriamo nella adiacente Piazza Tienanmen, passando per la grande porta dove troneggia ancora il ritratto del Grande Timoniere. E' molto suggestiva per la sua vastità, anche se adesso è stata disegnata una viabilità che la attraversa con varie corsie di traffico e che fa perdere la visione di insieme. Mentre eravamo lì abbiamo beccato il cambio della guardia, che staziona davanti al Mausoleo di Mao, e sono riuscita a fotografare i soldati. Usciamo dal cuore della città: lì attorno esistono ancora tanti Hutong, i quartieri della città vecchia, che non ho fotografato, ma che ho visto in un plastico della città: potrebbero anche essere distrutti in breve tempo, vista l'accelerazione dei lavori urbanistici da queste parti, però mi ha impressionato quanto sono tuttora estesi. Sicuramente ne terranno in vita un tot, per portarci i turisti in risciò! Allego esempi di questi quartieri antichi: serie di negozietti e traffico di biciclette alla mattina, per colore locale. Ma nella realtà, girare per Pechino è come girare in una nostra città: a noi sul pullman che ci portava dall'aeroporto all'albergo (venendo da Shanghai), sembrava di essere nella Milano Anni 50. Sicuramente ci sono più auto (anche di lusso) che biciclette. Il Tempio del Cielo è bellissimo: è tutto costruito secondo una cabala simbolica che ha per riferimento il solito numero 9 dell'imperatore, per cui ogni misura (lato o diametro che sia) è un multiplo del 9. La sua funzione era di luogo di preghiera per ingraziarsi un buon raccolto per l'anno successivo. L'imperatore stesso si spostava qui una volta l'anno con tutta la corte per recitare secondo canoni ben precisi la sua preghiera. I cinesi pensavano che la terra fosse quadrata e il cielo rotondo. La terra è la pianta quadrata del tempio, dentro al quadrato sta il cerchio. Nella parte centrale sorge l'altare (rotondo), costruito in marmo dove si svolgeva il rito più importante. Lì vicino, mentre eravamo in zona, una mamma cinese ha fatto fare la pipì alla sua bimba semplicemente facendola accovacciare, perché i bimbi cinesi hanno le braghe tagliate sotto e sono senza mutande. Mi è sembrato un minimo irriverente, ma i cinesi sono persone pratiche! A nord e a sud dell'altare ci sono due pagode rotonde, una con il tetto a una falda e l'altro con il tetto a tre falde (il più famoso e anche il più importante perché era l'alloggio dell'imperatore). L'altro per me è più bello (serviva solo per tenere dentro tutta l'attrezzatura per il rito), e perciò ho messo quello. E' stato bello vedere come questo luogo viene vissuto dai cinesi con familiarità (a parte la pipì) perché nel lungo viale di accesso si trova di tutto: persone che cantano, coppie che ballano, altri che giocano al volano con i piedi al posto delle racchette, altri ancora che praticano il Tai Chi, ma quelli si trovano dappertutto. (Da non considerare gli sciamannati fotografi occidentali, che siamo noi!) La persona che mi ha colpito di più è un vecchio che, in piedi, scriveva sul selciato grigio con un pennellone tipo scopa delle parole usando l'acqua invece della china. Appena si asciugava la traccia, le parole sparivano, ma finché erano leggibili erano bellissime. Mi ha fatto ricordare il film di Kim Ki-duk, quello delle stagioni, e l'ho colto come un simbolo di qualcosa di bellissimo che svanisce, ma che vale la pena di fare ancora. Mi fermo qui se no la faccio troppo lunga. Per chi vuol proseguire, alla prossima puntata! Abrsusanna

domenica 19 settembre 2010

Il resto di Shanghai

Cari amici, oltre all'Expo Shanghai è una grandissima città, piena di architettura antica e moderna. A dire il vero, quella antica non c'è più, oserei dire in quasi tutta la Cina, perché le pagode e i templi erano costruiti con il legno e in legno erano anche le colonne che li reggevano, per cui gli edifici antichi sono stati tutti ricostruiti, con un rispetto filologico degli originali, e alla base sono stati appoggiati su un cuscino di cemento. Dunque qui vedete alcune immagini significative dei contrasti che si trovano in questa città: i grattacieli che sovrastano le vecchie case; il panorama dall'alto del più alto grattacielo del mondo (tranne uno in Dubai costruito di recente), soprannominato "l'apribottiglie" perché è proprio così; l'autostrada che attraversa la città; i sereni scorci del giardino Yu, costellato di pagode e laghetti; la bellezza del Tempio del Budda di Giada, che contiene (non li ho potuti fotografare) due statue di Budda che pesano non so quante tonnellate, tutti di giada vera (non la polvere di giada riammassata che viene usata oggi per fare gli oggetti di giada); alcuni musei moderni: Oriental Art Centre (2004) di Paul Andreu, che credo sia portoghese, ma siccome lavora molto a Parigi, viene chiamato anche dagli architetti italiani alla francese (cosa che mi fa orrore), un'opera grandiosa, disegnata come quattro grandi petali (di un'orchidea?) e che contiene tre grandi spazi dedicati a mostre, auditorium e teatro. Altri bellissimi musei sono quelli dell'Urbanistica e quello della Tecnologia, disegnato da uno studio cinese, che è enorme (qui vedete il grande cortile che raccoglie i vari ambienti interni); un altro piccolo e bel museo è Z-Art Center, che è una specie di galleria di arte moderna cinese, chiamata MoCA, sponsorizzata da BMW e Adidas. Infine Shanghai ha una inaspettata (per me) anima Déco in una zona molto elegante, lungo la sponda sud del fiume. Qui vedete la via centrale del quartiere, un edificio che ora ospita una banca, una veduta interna del Peace Hotel, tutto decorato in questo modo. Spero di non avervi fatto far confusione, ma non so mettere le dida vicino alle foto. Adesso manca solo Pechino, che non è poco, perché ho il "servizio" sugli impianti olimpici, che sono bellissimi, e la città in sé (altri musei e altri templi). Ma questo alla prossima puntata. Ciao. Anna

giovedì 16 settembre 2010

A Shanghai per l'Expo

Cari amici, vorrei mostrarvi qualche foto dei padiglioni dell'Expo e passarvi qualche suggestione ricavata dalla visita. Una prima sensazione inaspettata è che l'Expo è pieno di visitatori cinesi, di europei o occidentali in genere ce ne erano pochissimi (1 su 50). Questo è un vantaggio per le foto, perché non è necessario evitare i panzoni in sandali e calzoncini e la foto, anche se riprende della gente, ha comunque un aspetto "locale". I lavori che rimarranno alla fine sono il padiglione della Cina (uno zigurat rosso rovesciato), il Centro della cultura cinese (un'astronave tagliata al centro da una vetrata circolare) e tutta la risistemazione del lungo fiume, con giardini, strade e purtroppo lampioncini "cinesi". C'è una foto dove si vedono insieme queste tre cose. Il padiglione dell'Italia è, dal punto di vista architettonico, molto bello: una vera architettura. Ho capito in cosa consiste la peculiarità del cemento usato dall'Italimpianti che aveva fatto tanto scalpore: si tratta di piccoli fori in alcune zone del cemento stesso, da cui filtra di notte la luce dall'interno, creando un effetto "magico", che sembra sia piaciuto molto ai cinesi. L'interno è stato molto criticato perché sono state messe insieme varie nostre eccellenze in modo un po' raffazzonato, però devo dire che appare molto suggestivo e "ricco". C'è una foto con le sedie, che dà l'idea dell'allestimento "creativo". Le varie nazioni presentavano soprattutto un'immagine del loro paese come attrazione per il turismo, solo il Canada ha interpretato il tema dell'Expo in chiave architettonico/urbanistica, presentando dei progetti di sviluppo. Una serie di padiglioni orientali sono un po' folkloristici, come quello dell'India (budino colorato). Altri sono bizzarri (il riccio della Gran Bretagna), altri molto spiritosi (le casette escheriane dell'Olanda), altri azzardati (gli intrecci di paglia della Spagna) o molto seri (il padiglione della Germania che mi ricorda Liebeskind). Uno dei più belli è stato quello degli Emirati Arabi, l'ultimo della serie, che era risolto come due grandi dune, che mutavano di colore a seconda dell'ora del giorno in modo molto suggestivo. L'intervento architettonico più bello è un percorso pedonale, intelligentemente coperto da grandi vele bianche, data la calura, che accompagna l'itinerario esterno che accede alla strada. E' ritmato da grandi vasi/orecchie di cui non capisco la funzione, ma che sono molto belli. E' stato nel complesso divertente e con gli amici ci immaginavamo orgogliosamente come potrebbe essere molto più bello, nel senso della sua ispirazione complessiva, quello di Milano se mai vedrà la luce, perché ce lo immaginiamo calato in una realtà vissuta, non così avulso da ogni riferimento culturale come è di fatto questo di Shanghai. Ce lo immaginiamo piccolo, colto e dotato di un senso, come ancora potrebbe essere nella nostra sinistrata Italia. Alla prossima. Anna